“Questo spacco rovinoso va fino ai confini del mondo, copre di macerie ogni cosa, è la sola realtà.
Dove erano campi e prati verdi, ora c’è un abisso nero, dove erano muri e finestre e balconi, calcinacci informi, macerie orrende di polvere.”
Immagini che trasformano la scrittura in un immenso affresco dove perdere le coordinate spazio temporali.
Trovarsi a galleggiare in una galassia che nell’asprezza delle forme e dei colori mostra la dolente solitudine dell’uomo.
“Quaderno a cancelli” è necessità di liberarsi dalle catene di un corpo oppresso, dalla pesantezza dei ricordi.
Corrono le parole, vergate con il desiderio di sfuggire alla “futilità” e nel ripetersi indistinto del fonema c’è l’eco di un profondo turbamento.
“Non è mai notte, ma solo splendore nel buio, illuminazione, luminaria, che può ricondursi quasi a nulla ma subito si riaccende, come una lucciola gigante, una lucciola universale”.
Nel contrasto tra due estremi si combatte la lotta tra istinto e ragione mentre ombre impercettibili, simili a carezze, si diffondono, espandendosi in figure cristallizzate nell’immobile scansione dell’attimo.
Cosa è l’infinito? Come definirlo?
“Il grande cancello nero è ancora là, quasi abituale e dimenticato, e copre ogni cosa, pur sottile, con la sua unta grassezza di inchiostro litografico”.
Un filo lega insieme sensazioni e visioni: “annodato, attorcigliato, ripiegato mille volte su sè stesso”.
Carlo Levi costruisce un’impalcatura surreale dove evidenti sono gli spiragli interpretativi.
Affidarsi al fiume che non trova requie, adattare il respiro a quello accelerato dell’autore, scendere, salire, mescolare e confondere.
“Guardare, guardare dal fondo, dentro il tubo del periscopio.”
Si sgranano e si riassemblano giochi linguistici e sillogismi.
Alla fine della lunga corsa siamo senza fiato e ritorniamo sul testo, sulle frasi sottolineate, sui verbi che si confondono nell’enfasi del narrare.
Provare a “togliere quello che copre, e quindi inventare, trovare quello che era coperto.”
Imparare a scoprire il nuovo nel quotidiano, sbalordirsi e sbalordire.