“Questa è l’isola
Che sorprende e poi abbandona,
Che provoca e blandisce,
Che conquista e poi scompare.”
È questo il ritmo di “Le isole di Norman”, pubblicato da Italo Svevo e vincitore del Premio Campiello “Opera Prima.”
La narrazione oscilla come il vento siciliano, accoglie i nodi del passato, fluttua in un turbinio di immagini.
Si fa incandescente come la lava del vulcano, fruga tra i ruderi di una terra che non sa trovare risposte.
Voce narrante è Elena e nel suo impaurito incedere ritroviamo ascese e cadute nella ricerca di una perfezione inesistente.
Le mappe tracciate per comprendere l’inquieta esistenza della madre, il desiderio di scoprire i segni di una bruciatura fisica e mentale, il ricordo sfocato dei giorni in ospedale: un castello emozionale che rende la scrittura molto poetica.
“Avvertire l’assenza di qualcuno che è sempre stato assente.
Anni e anni di silenzi, di vite inventate, che ora rischiano di sparire, senza lasciare traccia.”
La figura materna si dissolve in un giorno qualunque, scompare lasciando tracce invisibili e piccoli messaggi.
È ora di capire quale filo rosso ha legato e stritolato la famiglia, cosa è rimasto, quali pensieri salvare.
Sullo sfondo un’epoca che cambia lasciando sulla pelle il sapore della sconfitta mentre il presente è una matassa aggrovigliata.
Veronica Galletta compone un labirinto letterario, unisce i punti che ci porteranno nell’Isola del Tesoro, intreccia mitologia e matematica.
Fa intravedere il confine tra razionale e irrazionale, si confronta con la credenza popolare, uccide i mostri che popolano la nostra fantasia.
Ci restituisce una Sicilia bellissima che nei vicoli, nelle spiagge, nel silenzio della notte racconta la sua storia.
Ci invita a “scegliere fotogrammi, costruirci intorno il resto, anno dopo anno, giorno dopo giorno.”
A seminare per le strade libri e a credere nelle parole.