Ci sono romanzi che leggi senza pause per paura che si rompa l’incantesimo e le parole sulla carta volino via impazienti di raggiungere altri luoghi.
È prepotente il richiamo di “Afferra il coniglio”, pubblicato da Nutrimenti.
Coinvolge la protagonista che ha ricostruito sè stessa a Dublino, città dell’amore e di piccole cose condivise.
Il passato è una pietra che affonda in un mare putrido e oscuro.
Basta una telefonata e l’urgenza di tornare a bazzicare nel passato è una calamita.
“Dopo dodici anni di silenzio assoluto, sento ancora la sua voce.
Parla rapidamente, come se ci fossimo separate ieri, senza nessun bisogno di scavalcare i buchi di conoscenza, amicizia, cronologia.”
È Lejla, amica di sempre, dura, determinata, compagna di follie giovanili.
Incontrarsi a Mostar significa rientrare nel paese che ci è cercato di cancellare.
Terra insanguinata, offesa, calpescata.
Luogo dove il buio è un sentimento, le donne subiscono, i bambini imparano presto a non sorridere.
La Bosnia è fantasma, è la figura di una madre che non sa stringere in un abbraccio, è la scuola e le prime esperienze di adolescente.
È Armin e una scomparsa avvolta dalla nebbia.
Al suo esordio narrativo Lana Bastašić ha una personalità letteraria matura.
La sua voce lacera e travolge, espande le emozioni, crea una sorta di incastro tra prima e dopo.
Narra la difficoltà di dimenticare, la rabbia che in anni si è ingigantita, l’amicizia sbilenca.
“I nomi si dimenticano facilmente, basta riempirsi di parole altrui, mappe altrui, e le lettere scompaiono come zucchero sulla lingua.
Ma i colori restano, come macchie sotto le palpebre.”
Un viaggio indimenticabile dove istinto, lingua e sopravvivenza devono congiungersi per riuscire a liberarsi dal dolore.
Un quadro, un coniglio, una chimera da inseguire.
E la memoria che attraverso la scrittura torna impetuosa, diretta, libera.