“Per tutto il tempo in cui Alina è rimasta all’ospedale, io non sono stata in grado di riprendere il filo della mia tesi.
Leggere poesia era l’unica cosa che riusciva, se non a distrarmi, almeno a placare l’inquietudine che ho provato per tutta la settimana.
Ricordo che andavo avanti e indietro per l’appartamento, poi uscivo e andavo avanti e indietro intorno all’isolato.
Di loro avevo poche notizie. A volte un messaggio che spiegava sommariamente ciò che stava accadendo.
Aurelio mi aveva detto che la bambina sarebbe vissuta.
La cosa avrebbe dovuto rallegrarmi o intristirmi? Qual era, esattamente, lo stato di quella creatura? E Alina, sempre così laconica, così parca quando si trattava di esprimere i suoi sentimenti, stava davvero bene come mi assicurava?
Mi hanno consigliato di non andare all’ospedale perché passavano la maggior parte del tempo nella nursery e lì erano proibite le visite, eccetto ai genitori.
Venerdì sera Alina mi ha scritto: “Siamo a casa. Inés è con noi.”