“Nel racconto non si possono evitare del tutto le persone ordinarie perché sono, in ogni momento e nella maggioranza dei casi, l’elemento indispensabile che collega gli avvenimenti quotidiani; ignorandole, dunque, contravveniamo alla legge della verosimiglianza.”
Scegliere come esergo di “Il viaggio premio” un brano di “L’idiota” di Dostoevskij è preludio perfetto ad un testo che dà voce ad un’umanità variegata, che si muove come trascinata da una volontà superiore.
A volte infantile, altre ingenua, ha come denominatore comune un’esistenza insignificante.
Accettare una crociera vinta alla lotteria significa confrontarsi con la propria mediocrità.
Il romanzo, pubblicato da SUR e tradotto da Flaviarosa Nicoletti Rossini, si articola su più piani.
Da un lato il reale e dall’altro l’inverosimile, quel qualcosa che non ci aspettiamo.
I tanti personaggi non hanno vie di fuga, devono confrontarsi con le variabili che non erano previste.
Succede di tutto in un’atmosfera che ricorda la policromia semantica dell’antiromanzo.
Non mancano i colori surreali e gli accenni al gotico.
La prima prova del Maestro Julio Cortázar ha già i tratti distintivi di una scrittura poliedrica dove le forme si intrecciano costruendo figure simboliche che si disintegrano e scompaiono se osservate a lungo.
Una nave molto strana e il mare come una presenza invasiva.
Vengono in mente i paesaggi descritti da Conrad dove l’ignoto può essere scoperta.
Le tracce della letteratura argentina nuotano disinvolte nel gioco di illusioni visive e percettive.
“Occorre tirare la maniglia, ficcare il naso nel cassetto.
Tirare è appropriarsi, appropinquarsi, oltrepassare se stessi.”
È così semplice varcare il limite?
Tra infiniti depistaggi e colpi di scena ci si chiede quanto le maschere che indossiamo siano le nostre vere sembianze.
Non resta che immergersi nella lettura e trovare non una ma tante risposte.