“Nella nostra civiltà artistica – insieme querula e provocatoria, umile e superba, cinica e priva di radici – sembra che il grande meccanismo della storia dell’arte non si svolga secondo un ritmo lineare e sicuro, ma proceda a vuoto, tra improvvisi e insensati sobbalzi.”
Partendo da una analisi molto articolata della “grigia e indifferente atonia” dell’arte contemporanea Vincenzo Trione ci permette di conoscere e approfondire quei movimenti che stanno dando linfa vitale nell’interpretazione della realtà.
Mentre l’individualismo dilaga creando arcipelaghi narcisistici e si afferma “l’età dell’inconsistenza” c’è ancora speranza per un’arte non asservita al potere e al mercato, capace di provocare narrando il presente.
Ci mostra “una cartografia mobile, all’interno della quale confluiscono personalità di diversa provenienza generazionale, culturale e geografica, che condividono precise intenzioni: la necessità di dire le ragioni dell’impegno e della partecipazione, in polemica con la dilagante superficialità trionfante nel sistema dell’arte.”
“Artivismo: arte, politica, impegno”, pubblicato da Einaudi Editore, è uno scrigno prezioso, un saggio da studiare, una miscellanea culturale di altissimo livello.
Un viaggio attraverso opere e installazioni e la narrazione sa essere dinamica e percettiva.
Ai Weiwei, Hito Steyerl, Cattelan offrono uno spaccato “di drammi, di problemi sociali, di oppressioni, di sofferenze, di dittature, di conflitti, di libertà negate.”
La polis con le sue problematiche, i conflitti, le dissonanze torna ad essere protagonista.
Finalmente si spezza la mitizzazione del disimpegno e l’uomo entra in scena non come marionetta di un sistema “sordo a qualsiasi appello alla coscienza sociale.”
L’arte torna ad essere esperienza di conoscenza, dinamica rappresentazione di quegli spazi immersi nell’ombra.
I riferimenti alla narrativa e al cinema che sono controcanto “alle violenze e alle crudeltà” ci fanno riflettere sulla necessità di percorrere la strada della Verità.
Le tavole di Zerocalcare, la prosa di Aleksievič, i fotogrammi di Gianni Amelio costruiscono un ponte con il giornalismo d’inchiesta.
Imprimono un’orma che schiaccia l’indifferenza.
Da Calvino a Tabucchi l’excursus letterario è commovente.
“Inclini a riarticolare il confronto tra l’io e il mondo non in una prospettiva psicologico – esistenziale ma in una chiave oggettivo – antropologica, gli artisti politici 2.0, perciò, concepiscono l’atto della documentazione come pratica transattiva.”
L’artista interprete della cronaca legge le dinamiche migratorie partendo dalla conoscenza del dolore e della perdita.
Tanti gli esempi che costruiscono una filosofia della migrazione senza false ideologie.
Non mancano in questa intrigante passeggiata la figura di Bansksy e gli street artists, la bio arte, il rinnovamento della filosofia ecologista.
Da Palermo a Bari la riqualificazione delle periferie in un ampio progetto di “estetizzazione urbana”, la elaborazione critica della pandemia, le avanguardie, gli echi gramsciani, i riverberi del pensiero di Camus: un’opera monumentale che nella scrittura sintetica ci interroga “sul difficile messo tra arte, politica e impegno, intorno a cui ruota il nostro percorso fenomenologico.”