“Regolò le manopole della macchina da scrivere e cercò di ritornare con la mente al passato.
《Questa notte,》battè, 《 il mio vecchio amico e compagno Laureano Cerrada Santos è stato ucciso.
Potrei essere il prossimo.
Devo scrivere la mia storia finchè ne ho ancora il tempo.》
Un bar in un quartiere popolare di Balleville.
Atmosfera rarefatta, chiacchiere e risate.
Uno di quei luoghi dove “tutto va bene finché ognuno si fa gli affari propri.”
Una scenografia perfetta descritta nei minimi dettagli.
Con le spalle curve e i capelli bianchi Edward Prince è il personaggio ideale di una storia incredibile.
Fin dalle prime pagine restiamo ammaliati da questa figura che sa di avere il tempo contato.
Tocca a lui farci da cicerone e narrare gli eventi “che avevano causato quel suo slittamento da apprendista ingegnere a rivoluzionario internazionale.”
Si riavvolge il nastro e ci ritroviamo nel 1918.
Come definire “Pistoleros!”, pubblicato da minimum faxe tradotto da Valerio Camilli?
Perchè leggerlo e proporlo nelle scuole?
Racconta la storia del movimento anarchico con quell’entusiamo e quella passione che manca al nostro tempo.
È un romanzo storico e non solo.
È amore che nasce spontaneo, è condivisione di idee, è sperimentazione del proprio coraggio.
Pagine che emozionano e che mostrano l’evoluzione culturale e mentale di una generazione.
È un libro dove il viaggio è ricerca e contaminazione.
Indimenticabile la passeggiata a Barcellona tra quartieri malfamati e le scintillanti Ramblas.
È vittoria della consapevolezza, un’iniziazione politica.
È ricerca della giustizia, costi quel che costi.
È avventura nel senso più alto del termine.
Non la registazione dei fatti ma la partecipazione attiva, i dubbi, i rischi, le tensioni.
È l’idea di sindacato che sta dalla parte dei lavoratori.
È la vita messa in gioco in ogni istante per una Causa.
È un inno ai valori di libertà e di non violenza.
È il ricordo di uno sciopero arricchito da foto d’epoca.
È la rivisitazione degli scritti di Bakunin.
È “il risveglio della coscienza rivoluzionaria.”
“All’epoca tutto era molto più difficile, e non parlo solo della povertà e della mancanza delle più elementari comodità della vita, c’era anche il fatto di dover continuare a mantenere la fede in noi stessi.”
Educativo ed essenziale, lucido e mai generico, fluido e onesto.
Mi piace riportare le parole della prefazione:
“Pistoleros! apre una finestra su una parte di storia che di solito rimane sepolta sotto la storia ufficiale e sposta la lente su un movimento che è nascosto per natura, che è costretto a vivere col volto coperto.”
Il mio grazie a Farquhar McHarg e all’editore che lo propone in una fase complessa e dolorosa dell’assetto internazionale.