“Ancora oggi penso che la bambina affacciata al pozzo sia un’altra bambina, il mio doppio rimasto incastrato in una vita lontana, al di là del bosco.”
Aida e i suoi sei anni spensierati.
Una parola incomprensibile, “guerra”, rompe l’incantesimo.
Tutto si capovolge nel mondo fatto di certezze.
La fuga insieme alla madre incinta e qualcosa che si frantuma dentro.
Un autobus affollato, voci concitate, posti di blocco e la paura mentre un mitra le viene puntato contro.
“E poi saremo salvi”, pubblicato da Mondadori e finalista al Premio Strega 2022, è un libro necessario.
Per colmare le nostre lacune sul dolore e la sofferenza del popolo bosniaco, per dare un volto e un nome ai migliaia di sfollati, per comprendere a pieno quanto la follia di un conflitto sia capace di distruggere nel fisico e nella mente.
“All’alba saremmo arrivati all’ultimo confine.
E poi saremo salvi.”
Ma quel confine annulla il prima, diventa il salto mortale verso l’ignoto.
Chi resisterà al cambiamento?
I genitori resteranno in un limbo, incapaci di integrarsi, vittime di uno strappo troppo brutale e improvviso.
La nostra voce narrante proverà a sentirsi a casa ma non è facile accettare l’Italia come patria.
E il fratello, nato nella terra che dovrebbe salvare, è colui che simboleggia la dissociazione.
Un romanzo bellisimo dove la scrittura è rarefatta.
Si ha la sensazione di entrare in una bolla, di muoversi tra rassegnazione e consapevolezza, tra presente e passato.
La scrittura pur sviluppandosi su più piani narrativi mantiene una coerenza stilistica.
Si aggrappa alla parola che sa dosare i sentimenti.
L’esordio narrativo di Alessandra Carati è convincente, maturo, storicamente impeccabile.
La scrittrice ci regala il vissuto degli spatriati, di coloro che hanno perso tutto.
Ci consegna la memoria di una tragedia e noi sentiamo di dover fare ammenda per non esserci stati, per aver fatto finta di non capire.
Perché non si ripeta, perché chi è costretto a scappare si senta accolto e rispettato.