Il senso di colpa si può incistare nella mente?
Se non è accompagnato dalla consapevolezza di avere sbagliato può diventare un tarlo opprimente.
È quello che succede ad Alexander Jessiersky, protagonista di “Il conte Luna’, pubblicato da Adelphi Editore e tradotto da Giovanna Agabio.
Il romanzo è composto da più parti che vanno lentamente ad incastrarsi tra loro creando uno scenario che oscilla tra realtà e fantasia.
Alexander Lernet Holenia ha un obiettivo preciso: mostrare la fragilità dell’essere umano, troppo spesso in balia di pulsioni che lo portano a costruire un presente alternativo.
Volutamente sceglie un personaggio qualunque, imprenditore che mai si è occupato degli affari.
Un rapporto complesso con il padre lo porta a prendere le distanze da una famiglia che ha diversi scheletri nell’armadio.
Nella ricostruzione della genealogia niente succede per caso, ogni passaggio aiuta a ricomporre non solo il carattere del nostro Alexander ma il quadro sociale e politico che porterà al nazismo.
Per una casualità il conte Luna viene accusato e condotto in un lager.
Queste due figure sono legate da un filo invisibile che andremo scoprendo pagina dopo pagina.
Non si sa chi è vittima e provando a dipanare il dubbio si comprende che ci si può creare fantasmi immaginari.
Restarne ammaliati e perdere il senso della propria identità.
Il ritmo iniziale è ricco di disgressioni e introduce un mistero.
Il protagonista visitando le catacombe romane scompare e di lui si perdono le tracce.
Sembra che il testo sviluppi questa strana sparizione ma l’autore sa mescolare le carte e torna indietro nel tempo, trasformando la storia in un carteggio filosofico.
Suggerisco di godersi i pensieri altalenanti, i guizzi fantasiosi, le riflessioni sul tempo e sull’eternità, sulla storiografia della capitale italiana.
Si resta intrappolati da una scrittura che esplora senza timori le alterazioni percettive.
In alcuni passaggi sembra di leggere Borges, in altre forti i riferimenti alla tragedia greca.
Ma torniamo alla colpa che è tema dominante.
Assistiamo ad una evoluzione o involuzione che porterà alla trasformazione in ossessione.
Ci si chiede quando scattano quei meccanismi distruttivi che portano alla distruzione della lucidità.
La cosa incredibile è che questo azzardato gioco letterario ci attrae e ci invita ad entrare in un gorgo di suggestioni realizzate ad arte.
Di grande impatto scenico il finale che si riaggancia all’inizio.
Gli specchi riflettono le nostre paure più profonde e forse finalmente ci rendono liberi.
Un suggerimento dello scrittore che può essere chiave di lettura:
“Veniamo portati fuori strada dal vero e proprio nulla, ciò che non è mai stato né mai sarà, dalla negazione in sè stessa.”