“Nessuno sarà più lo stesso
Nessuna apparizione
La ritirata dopo la sconfitta
Ma senza una meta.”
Lo spaesamento dopo una pandemia che ha inventato un presente sbilenco.
Le forme degli oggetti pur non essendo modificate mostrano “la grammatica dell’espropriazione.”
Cees Nooteboom racconta “un mondo che non era un mondo”, tra specchi e maschere di una spettrale realtà.
Continenti senza tempo, nuvole che contengono il mistero, promesse vane.
“Sento la musica ma non le parole
Movimento di danza
Senza lì nessuno.”
Un silenzio da spezzare con la forza della poesia.
Magma fantasioso di passato e presente oscillanti sull’asse instabile dell’imprevedibile.
“Addio”, pubblicato da Iperborea, contiene il nostro urlo rappreso, la ricerca di senso.
Siamo aironi solitari in volo verso lidi sconosciuti, viaggiatori senza illusioni.
“Non si può dare un nome a ognuna delle immagini
Ma per quanto ponga domande sulle forme,
All’ombra e su bocche quasi invisibili
Sulla minaccia di nomi e numeri
La risposta resta vuota.”
Ci si chiede insieme al poeta quanto sia utile interrogarsi.
È tempo di ricomporre le tante vite che ci appartengono, sottrarre il superfluo, ritrovare nomi e identità di chi ci circonda.
Non possiamo permettere che la nebbia faccia sparire i segni della nostra resistenza.
Destino e sorte si prendono gioco di noi, offrono visioni che alternano le percezioni.
Dobbiamo vedere, sopportare, arrivare ai confini del delirio, sentire “il malefico abbraccio, il bacio del tradimento calcolato.”
“Cosa volevi conservare?
Il suono di una voce
Il ricordo di una spalla
Di una mano
Il colore dei suoi occhi
L’odore di un corpo
Per sempre svanito?”
Verso dopo verso l’autore si mostra nella nudità emotiva di chi ha percorso troppe strade.
Gli resta il silenzio che è conforto, meditazione, preghiera laica.
E nella trasmutazione del sè in nessuno avviene il miracolo e il canto penetra la roccia erosa delle nostre anime.
Abbiamo una guida che ci farà uscire dal pantano delle nostre ossessioni e forse si potrà cominciare a ricostruire.