È tornata e ci era mancata.
“Olive, ancora lei”, pubblicato da Einaudi, ci propone tante storie, belle, indimenticabili, dove ogni personaggio ha tanto da raccontare.
Crosby si anima e diventa crocevia di un affabulare lento.
La quotidianità viene ingrandita e la comunità si fa protagonista e spettatrice.
Elizabeth Strout riesce ad incastrare insieme voci diverse e di ognuna coglie l’intimità, il momento di disorientamento, lo spazio di una incertezza.
La lettura scorre inseguendo un ritmo narrativo arioso e ad ogni capitolo una sorpresa, una nuova avventura.
È sorprendente la capacità di aggregare insieme piccoli dettagli, osservazioni, sguardi che vanno in profondità.
È come se ci si affacciasse alla vita senza lasciare niente in sospeso.
La difficoltà di essere genitori, la frattura tra affetto e distanza, i silenzi che si pietrificano.
Le amicizie che durano o si disgregano diventano specchi che riflettono il nostro modo di relazionarci.
L’amore che si trascina stancamente e la passione che nasce spontanea, con quell’energia che si sviluppa con la consapevolezza della condivisione.
Il bisogno di vivere la malattia non come colpa.
Il fallimento nel comprendere che non si è riusciti a uscire dal proprio guscio protettivo.
Le parole circoscrivono riflessioni, pensieri, titubanze.
Gli incontri rappresentano un avvicinamento, il bisogno di capire l’altro.
Tanti gli interrogativi che arrivano veloci, senza cedimenti o mediazioni.
Una prosa che raggiunge la perfezione nell’accurata scelta dei vocoboli.
La scrittrice affascina ed appassiona, fa sentire vivi, prova a far accettare l’inesorabile scorrere del tempo.
Una lettura da non perdere perché è un inno alla gioia di esistere.