Si può imparare a vivere in compagnia delle crepe?
Accettare gli spazi vuoti e imcomprensibili?
Ridere dei fallimenti?
Condividere gli errori?
“Da dove entra la luce”, pubblicato da 8tto Edizioni, si diverte ad ironizzare ingigantendo i nostri inciampi.
La dilagante e persistente presenza dei social, pronti a smascherarci, “i luoghi bui da cui guardarsi”, i questionari che ci trasformano in parti di rigide statistiche: piccole e grandi distorsioni ci distraggono impedendoci di sviluppare un pensiero autonomo.
La solitudine in città che non sanno raccontarsi e il bisogno di trovare una luce che sia una guida.
“Le mani mi si riempiono dei ciotoli tondi della battigia dove non giochiamo più.
Le narici mi crepitano di sale, e da qualche parte tra il tuo schermo e il mio si alza in volo un gabbiano.”
Ogni racconto è uno squarcio che ci spinge a interrogarci, a chiederci quanta umanità si palesa attraverso lo schermo di un computer o di un cellulare.
Ritrovarsi a “cercare le parole nel dizionario”.
Guardare senza vedere l’essenziale.
Aspettare senza sapere cosa.
Clare Fisher sperimenta una scrittura che sa essere provocatoria, immaginifica, irreale.
Basta entrare nel cerchio composto e strutturato come un labirinto per scoprire che siamo imprigionati in una rete di ipocrisie e menzogne.
“Non sappiamo quanto non sappiamo.
Quello che sappiamo è questo: è il non sapere che ci guida.
Avanti e avanti e avanti e avanti ci guida, speriamo che non si esaurisca mai.”