“Quante cose ci sono rimaste da dire e quante ne resteranno!
Un’enormità, nonostante i sessant’anni vicini che non sono bastati, non a me almeno, per essere liberi di dire.”
“Ti lascio dormire”, pubblicato da “La Nave di Teseo”, non è solo l’addio ad un compagno che è stato
“Lingua patria famiglia madre e padre.”
È l’amore costruito giorno dopo giorno, fatto di condivisioni, di letteratura, incontri, viaggi.
È la storia di un tempo culturale vivace.
“La scrittura è ossigeno, purifica. Parlandoti, scrivendoti, mi sembra di emergere dal pozzo buio dove sono caduta.”
Difficile definire le pagine vergate con una passione che trascende l’umano.
È carne che diventa unione e sintonia, non più uno ma due.
Edith Bruck si fa voce narrante e in un monologo che ha i colori intensi del desiderio e quelli rossi, stranianti, della memoria, incide ogni frammento di due esistenze, mai sazie di guardarsi nel profondo.
Recupera e trascrive lettere, versi, evoca istanti e piccole quotidiane chiacchierate.
La sua è anche la confessione di una donna figlia di un’esperienza atroce.
La prigionia nel lager è quel masso che impedisce di dimenticare, è assenza di assoluzione, vertigine di ghiaccio.
Non solo il passato, anche il presente arriva senza filtri, analizzato con la lucidità della ragione.
“Non bastano le firme ma servono gli appelli a toglierci di dosso levigate colpe.”
Una sfida ad intellettuali e politici, un atto di accusa ai “tempi apocalittici”, alla “malerba dell’antisemitismo, mai estirpata”.
“Non sono bastati Hiroshima, il gulag e Auschwitz, tanto per citare i luoghi simbolo dove la potenzialità del Male dell’uomo si è realizzata”.
Libro liberatorio non solo per la scrittrice ma anche per chi legge.
Nel braccio che stringe in un soffio invisibile l’amante si abbevera il nostro bisogno di capire il prima e il dopo.
Nella certezza di una testimonianza molto intima sappiamo che l’orrore non potrà ripetersi e saremo noi leggendo alcuni brani di questo testo prezioso a continuare a difendere il diritto di vivere.