“La luce batte su di me
Sono allarmata
Una foglia scricchiola sul lastricato
Sono angosciata
Sconfitta.”
Il verso compone immagini che sanno interpretare la psiche.
Non una parola che disturba l’armonia dell’insieme.
Il costrutto sintattico, nella sua semplicità, apre scorci di paesaggi che, nella fluidità della trasparenza stilistica, regalano atmosfere simili a dipinti impressionisti.
A differenza di questi ultimi, i contorni sono netti, ripassati con l’inchiostro rosso della passione.
L’asimmetria dei “crepacci delle rocce”, la frantumazione di un ramo o di uno stelo, il profumo del sottobosco, la potenza del vento “che frusta la corteccia”: il verso riproduce i suoni, li trasforma in armonioso canto.
“Poesie imagiste”, pubblicato da InternoPoesia, è testimonianza di una corrente letteraria ideata da Ezra Pound e rivisitata da Hilda Doolittle.
Vissuta alla fine dell’Ottocento, fece sue le teorie di un’avanguardia culturale ma volle imprimere un suo personale stile.
Seppe offrire una lettura soggettiva mettendosi in gioco con il suo bagaglio di donna indipendente.
“Canta un lamento
Che non abbia mai fine
Cammina in circolo e rendi tributo
Con un canto.”
I fonemi devono produrre aritmie che amplificano un sotteso malinconico controcanto.
I colori fanno da cornice agli oggetti, li rendono vitali, spezzano la presenza passiva.
Si ripete spesso il verbo “spezzare” ed ogni volta ha una differente collocazione nel contesto.
È come se nella distruzione ci sia la necessità di annullare il negativo, la bruttura, il dolore.
“Siete tagliuzzati, strappati, straziati,
Devastati dalla fatica,
Non più forti delle strisce di sabbia
Della vostra spiaggia frastagliata.”
Ma ci siete e ci sarete a raccontare la lirica celata nelle piccole cose.
“Sono io il dio?
Oppure questo fuoco mi scava
Per il suo uso?”
La contraddizione degli estremi raggiunge il culmine e forse finalmente la furia del Creato si placa e scivola sull’anima un manto di tregua regalando l’integrità perduta.