“Il Terzo Paese era questo: una frontiera nella frontiera dove si congiungevano la sierra orientale e quella occidentale, il bene e il male, la leggenda e la realtà, i vivi e i morti.”
La fine della civiltà tra “paura e oblio”, disperazione e tragedia.
“La custode”, pubblicato da Einaudi Editore nella Collana Stile Libero, ha la bellezza straniante dei paesaggi sfregiati dall’assenza di tutto.
Il colore di un dolore antico, quello di chi vive ai margini e si muove in un ovattato presente.
Il canto di nenie popolari che confortano i vivi e carezzano i morti.
La follia nelle strade che non hanno inizio e fine, pietre e sabbia, calore e siccità.
Voci che si disperdono nel brusio indistinto di giacigli di fortuna.
Volti scavati, occhi vacui, odore di terra.
Uomini e donne nella nudità di una povertà materiale e metafisica.
Ricordi che pungono e pochi stracci di quel che resta di un prima.
Veglie e preghiere nell’opaca incoscienza dell’apocalisse.
Streghe e sante, pietose figure che sanno ancora consolare una madre.
Traffici illeciti e il sudore aspro del Male.
La prepotenza del potente e la vigliaccheria del suddito.
Difficile rendere in parole la forza e la profondità del romanzo.
Si scende nell’abisso insieme a Augustias Romero.
Il suo peregrinare è anche il nostro, stanchi viandanti in una terra che ci sta togliendo i sogni.
Lei, madre di corpi senza vita.
Lei, pronta a lasciare tutto sapendo di dover affrontare da sola gli spasmi del cuore.
Lei e quella treccia come unico bene.
Lei e colei che seppellirà i suoi bambini.
Lei che non trova parole ma sa ribellarsi.
In un mondo dove il diverso è visto come unico nemico Karina Sainz Borgo ribalta questo perverso modo di pensare.
Sceglie una città persa nel nulla, simbolo di tutti i luoghi dove la legge è stata soppiantata dalla prepotenza.
Costruisce una scenografia che si sviluppa per immagini.
Utilizza una lingua secca, precisa, necessaria a dare respiro ai personaggi.
Si affollano e si ha la sensazione di vivere nel limbo di aspettative e speranze bruciate.
Ma una luce si accende, è forte, accecante.
Diventa dominante, mostra l’altro volto della comunità.
Quella che insieme resiste, si impone con la forza delle idee, chiede giustizia.
I morti possono riposare in pace mentre il vento improvvisa l’ultimo canto d’addio.
Chi resta ha il dovere di continuare ad andare.
Una lettura che insegna a non perdere la compassione.