Ester fin da piccola percepisce che il mondo dei genitori non le appartiene.
Si trova in una famiglia di sinistra che le impone uno stile e un modello falsamente libertario.
“La piccola conformista”, pubblicato da Sellerio e tradotto da Marina Di Leo, non è il solito libro di formazione.
È testimonianza di un disagio profondo e al contempo splendido affresco degli anni settanta.
È convincente perché non mostra forzature nel delineare un periodo storico ed ha l’originalità di trasformare il nucleo familiare nello specchio di un certo modo di essere.
“Per quanto entrambi consacrassero i primi tre anni della mia vita al tentativo di convertirmi alla loro visione del mondo, rimasi un’incorreggibile reazionaria.”
Il padre, “ebreo solo a intermittenza”, la madre, ex sessantottina, il fratello, meteora senza consistenza.
La piccola dovrà inventarsi un personaggio per farsi accettare dai compagni e in questa lotta quotidiana c’è un’ammirevole determinazione.
Ingrid Seyman scrive un romanzo divertente e molto amaro.
Contrappone la borghesia bigotta francese al tentativo di ribellione naufragato nella quotidianità.
Sa estrapolare dai personaggi i tratti ridicoli lasciando solo alla protagonista il compito di scegliere da che parte stare.
I dialoghi appaiono come incidentali che alleggeriscono l’atmosfera.
Un testo finalmente dalla parte dei figli, fragili oggetti spesso manipolati.
Ma dove sta la verità, quale strada imboccare?
Odiare il padre o cercare di comprenderne i segreti?
Scegliere la madre ed accettarne le debolezze?
Non ci sono risposte ma tanti interrogativi che arrivano come valanghe.
Nello scioglimento finale si nascondono pensieri inconfessabili e forse solo allora si ritorna ad essere semplicemente frutti della carne.