“La poesia spesso è una spina nel fianco dei dittatori di qualsiasi epoca e di chi nutre insofferenza per i punti di vista e le opinioni altrui,
è la sua capacità di vedere oltre, e talvolta di smascherare, le opinioni e i luoghi comuni dei suoi tempi. Oppure di metterli in dubbio.
Di costringerci a dubitarne.
La poesia non rispetta le regole, è un gatto che non si lascia addomesticare mai del tutto.
È figlia del suo tempo, eppure non è legata al suo tempo.
E nei suoi momenti migliori ci mostra un mondo oltre il mondo, quelle idee di cui parlava Platone.”
A definire la relazione tra poesia e vita è Jón Kalman Stefánsson nell’introduzione alla sua raccolta poetica, proposta da Iperborea e tradotta da Silvia Cosimini.
La libertà nella costruzione del verso, la scioltezza di parole che hanno suono e significato, la capacità di interpretare “la profonda inquietudine sul destino dell’uomo e della nazione”, la rottura da stili classicheggianti, da mitologie e metafore: difficile trovare una sola decrittazione.
“E il giorno
Mi serra le sue mani azzurre intorno al collo
E detta le condizioni del vincitore.”
Nell’ossessione del tempo sempre uguale la voce si alza e risuona nel frastuono.
Amarezza nel constatare che “questo giorno non è per niente diverso dagli altri”, desiderio di sfidare il senso della vita, ironico sguardo su un progresso che si è ripiegato su se stesso.
A poesie provocatorie e interrogative si aggiungono liriche che smantellano il passato o che entrano nel territorio privato.
“Senza di te
Il futuro per me è prigione
Passa come ferita aperta
Nelle ore di veglia
Tu
Ogni volta che chiudo
Di nuovo gli occhi.”
Una certezza:
“L’eternità non la incontriamo mai in vita, se non forse in qualche poesia”.
Lo scrittore ci permette di andare oltre lo schermo buio della quotidianità e ci fa affacciare alle finestre della creatività.
Il nostro grazie all’editore per aver aggiunto un tassello fondamentale alla conoscenza di uno scrittore che ha saputo essere “la coscienza del nostro presente”.