“In preda alla sorpresa, all’emozione e alla confusione, ho pensato all’improvviso: non sarò mai più sola.
Mai davvero sola.
Ho provato terrore e gioia.”
Di gravidanza parlano i testi scientifici e qualche manuale indirizzato alle puerpere.
Parole scarne senza pathos che servono solo a far sentire sole.
Finalmente Jazmina Barrera ci regala ciò che mancava.
Il suo è un memoriale, un saggio, un diario intimo.
Esperienza unica che attraverso la scrittura diventa collettiva e coinvolge la coppia.
È la trasformazione del corpo, la metamorfosi senza sublimazioni.
L’identità che si sdoppia per accogliere e contenere.
La consapevolezza che dietro il miracolo della nascita c’è un percorso a ostacoli, una prova con sè stessi.
La reimpostazione della tridimenzionalità che nella mutazione delle forme crea uno spazio altro da riconoscere come proprio.
“Linea nigra”, pubblicato da La Nuova Frontiera Editore e tradotto dallo spagnolo da Federica Niola è un flusso di pensieri ininterrotto.
Il viaggio non di una madre ma di tutte coloro che madri non sono state.
Tutti possono trovarsi a casa perché sono stati figli e nella narrazione possono sentire le vibrazioni di un amore infinito.
E Silvestre che cresce giorno dopo giorno nel ventre é simbolo di una catarsi liberatoria.
Non è l’edulcorazione di un evento mitico, è la realtà.
È sangue e pianto, è gioia e dolore.
È separazione e vuoto.
“Non mi era mai venuto in mente di pensare al parto come al momento di una partenza: quando qualcuno parte, va via da te.
Il momento di una partenza e il momento di una spartizione.
Il momento di spartirsi in due.”
La scrittrice sa cucire insieme le voci di tante intellettuali generando una meravigliosa antologia esperenziale.
Sceglie brani, li inserisce a rafforzare un’idea, delinea un dibattito vivo, autentico.
Virginia Woolf, Tina Modotti, Frida Kahlo, Margaret Atwood, Natalia Ginzgurg, Sylvia Plath: una musicalità dove ogni strumento fa la sua parte.
“La parola materia ha la stessa radice etimologica della parola madre: mater.”
Ed ecco che l’accostamento all’arte non è artificio, è la composizione di un mosaico che restituisce alla figura materna una nuova dignità.
È origine e centro, è continuazione e crescita, è sperimentazione e cultura.
Un ulteriore legame unisce la maternità alla malattia.
Sembra un paradosso ma leggendo ci si accorge che questa suggestione chiude un cerchio o forse semplicemente scandisce il profondo legame con il tuo prima.
Ci si emoziona, si impara, si ha voglia di rileggere le opere citate e soprattutto si comprende che la scelta della maternità deve essere libera e senza imposizioni.