
“Il poeta e il tempo”, pubblicato da Adelphi Editore, va letto con attenzione e rispetto.
È il Manifesto della Poesia che ha il potere di sconfiggere la temporalità.
È una lezione di critica letteraria pura, non avvizzita da giudizi avventati, dall’incapacità di entrare nel testo.
“Scrivere un pezzo sul tutto? Ahimè! E li vedi i loro pezzetti: schegge, brandelli…”
È il motivo che si fa parola, misterioso arcano che congiunge suono e verbo.
È comunione con il lettore in una relazione intima “con – creativa.”
Rileggere Majakovskij, ritrovare l’anima tormentata, sentire la mancanza di un “irresistibile combattente.”
Pasternak, “sognatore e chiaroveggente”, Gogol’, fiamma di una passione che non trova requie.
Finalmente si può riflettere sull’essenza dell’etica, sulla sacralità dell’arte e sul suo opposto.
“Cosa possiamo dire su Dio? Nulla.
Cosa possiamo dire a Dio? Tutto.”
Ogni saggio mostra il bianco e il nero del ragionamento, è logorio, ricerca, sperimentazione.
È verità, quella “verità invincibile, inafferrabile”.
Traccia di luce o di buio, scomposizione di ogni certezza linguistica.
Comprendere, accettare, esprimere, forse è questo il percorso per arrivare al verso.
“La lirica pura non ha progetti. Non si può costringere se stessi a fare un sogno – e che sia proprio quel sogno, a provare un sentimento – e che sia proprio quel sentimento. La lirica pura è la pura condizione del sentire-soffrire, e negli intervalli («finché Apollo non esige il poeta come vittima sacrificale»), durante la bassa marea dell’ispirazione, uno stato di sconfinata povertà. L’acqua del mare si è allontanata portando via con sé tutto e non tornerà fino alla sua ora. Un terribile, costante restare sospesi in aria – sulla parola della sleale ispirazione. E se una volta o l’altra ti lascia cadere?”
Il visibile sfuma grazie all’autrice e ci si sente “emigrati dall’immortalità del tempo”, nel luogo dell’Imponderabile, liberi di metterci in ascolto ed entrare nell’estasi assoluta.