“Il problema dell’umanità è che gli stupidi sono sicuri di sé mentre gli intelligenti sono pieni di dubbi.”
L’esergo di “Stupidistan”, pubblicato da Marcos y Marcos, è un invito a cogliere il sarcasmo di Stefano Amato.
Siracusano appassionato di letteratura costruisce una commedia aspra, tagliente, provocatoria.
Conosce bene i peccati e i buchi neri della sua terra e può permettersi il lusso di narrarli esasperando i contorni.
Una tecnica narrativa interessante, pensata nei minimi dettagli.
Deformando la realtà, dilatando e dissacrando, compie un atto coraggioso.
Si libera dal sentimentalismo, dai panorami idilliaci, dai profumi e dai colori.
Quando Patty Carnemolla, dopo una serie di incredibili peripezie, arriva sull’isola osserva e registra sbigottita.
La terra natia è un non luogo dove ogni regola di convivenza civile è stata cancellata.
Sono state abolite le scuole, si è tornati ad un linguaggio primordiale.
Nei volti della gente è stampata la maschera tragica dell’abbrutimento in un totale livellamento.
Un unico modello sguaiato, indisciplinato e indifferente.
Strade invase da cumuli di immondizia, gioco d’azzardo come unico passatempo, case abusive che deturpano il concetto di bellezza.
C’è ancora una speranza?
Si può tornare a vivere nella legalità?
È questo l’urlo soffocato dello scrittore, una rabbia travestita da ironia.
Leggendo ci si accorge che bisogna cogliere la metafora che pervade il romanzo.
Stupidistan è dovunque, è il morbo che contagia e infetta.
È l’abbandono della ragione, il trionfo dell’animalità.
Potrà una ragazzina fare il miracolo, edificare un nuovo scenario?
Quali strategie e quali compagni di avventura?
“È che non sappiamo mai di cosa siamo capaci di fare fino a quando non lo facciamo.”
Una scrittura molto modulata e tracce sparse di un bagaglio culturale che si rifà alla visione pirandelliana dell’esistenza.